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La Belle Dame de Saint-Merci

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The accolade

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L’ultimo dipinto di Leighton che andiamo ad analizzare trae spunto da una delle cerimonie più riprodotte anche in ambiente cinematografico quando a film medievali: si tratta dell’investitura di un cavaliere. In realtà i primi tempi l’investitura non consisteva in questo.

 

 

Chi era il cavaliere medievale?

Nell’Alto Medioevo, specie sotto il dominio franco, s’iniziò a formare la struttura sociale tipica del feudalesimo come noi lo conosciamo e tale struttura era in vero una rete formata da legami di dipendenza personale dove un uomo diveniva l’uomo di un altro uomo, per mezzo di un giuramento di fedeltà. Così il conte era il diretto dipendente del re e il servo era il diretto dipendente del signore del villaggio. Nelle classi più agiate tale legame era spesso supportato da legami di natura famigliare, vincoli di sangue. Col passare del tempo le cose un poco evolsero e tale legame si formava anche per altri motivi: o perché prevaleva la legge del più forte (dove uno si sottometteva all’altro che veniva riconosciuto come nuovo capo) o per le necessità del momento (ci si sottometteva perché si rischiava la fame, perché non si aveva più nulla). Fatto sta che via via che il tempo passava e la società evolveva il numero e la natura dei legami formavano non solo il tessuto sociale, ma anche una precisa gerarchia dove all’apice vi era solitamente un sovrano. Per i soldati e comunque coloro che prestavano servizio militare il discorso era pressoché identico, essi erano alle dipendenze del capo militare, erano i guerrieri domestici e il termine cavaliere era essenzialmente un termine tecnico, almeno i primi tempi, successivamente divenne anche una sorta di titolo, essere cavalieri volle dire ad un tratto essere parte di una casta.

 

Quando i Franchi si impadronirono della Gallia ereditarono anche due diversi sistemi che, per formare gli eserciti, facevano entrambi appello alle masse: in Germania ogni uomo libero era un guerriero mentre a Roma nei limiti in cui ancora si faceva uso di truppe indigene, esse venivano reclutate principalmente tra i contadini. Sotto i Merovingi le ordinanze regie si industriavano invano di proporzionare l’obbligo al censo in modo tale che le classi più povere dovessero fornire un soldato per gruppo. Questi criteri variavano a seconda dell’esigenza del momento e si finiva spesso per arruolare, specie nelle contese di natura personale tra signori, anche i contadini [1]. Inizialmente, insomma, ci fu un po’ di confusione e non vi era un metodo preciso di arruolamento e ci si ritrovava a scendere in campo con dei contadini e non dei soldati esperti, dunque la sconfitta, salvo una botta di fortuna, era certa. Per un franco questa cosa col tempo divenne inaccettabile [2], specie durante la dinastia Carolingia che aveva soppresso la precedente deponendone l’ultimo sovrano e sostituendo un po’, diciamo, tutto il personale. Fu sotto i Carolingi che nacque la cavalleria vera e propria, come arma di guerra; la prima forma di cavalleria almeno. I Carolingi capirono subito l’importanza di una riforma nella formazione e organizzazione dell’esercito e soprattutto decisero di impostare più precisamente possibile la figura del cavaliere, ma incontrarono anche loro delle difficoltà. La prima difficoltà era di natura economica, non tutti potevano permettersi cavallo ed armatura [3]. La seconda difficoltà constava nel trovare un metodo di addestramento: il cavaliere doveva essere una figura preparata e doveva essere giovane [4]. Il cavaliere era dunque essenzialmente un soldato che combatteva a cavallo e la sua evoluzione nel VIII secolo, nonché la formazione di un esercito formato da un corpo di cavalleria, furono necessarie e fondamentali per contrastare i soldati arabi che guidavano invasione dalla Penisola Iberica e che combattevano essenzialmente a cavallo. Fino al IX secolo i cavalieri però combattevano ancora senza la staffa (fondamentale per la stabilità dell’uomo a cavalcioni sul dorso dell’animale) e gli zoccoli del cavallo non erano ferrati [5]. Il cavaliere inoltre non combatteva con una spada come avverrà successivamente, ma con una lancia. La terza ed ultima difficoltà maggiore che incontrò la figura del cavaliere era il mantenimento del cavallo, il suo unico patrimonio in moltissimi casi, e questo dipendeva dalla quantità di foraggio disponibile e soprattutto dall’andamento dell’annata, in tempi di carestia il rischio che l’animale morisse era elevato. Il cavaliere era sostanzialmente un soldato a cavallo, un soldato che via via diventava sempre migliore e inoltre la cavalleria era l’arma micidiale di molti eserciti europei, era la forza del signore che la guidava. Poiché come abbiamo detto per essere cavalieri bisognava disporre di un certo reddito, è da sottintendere che non tutti avevano certe capacità e per buona parte dell’Alto Medioevo ad avere il denaro era anche la classe nobile, dunque il cavaliere era anche un uomo di classe sociale elevata. Chi aveva un figliolo tra i nobili, essendo inizialmente la classe nobile una classe di guerrieri, aveva tutto l’interesse a far si che il figlio diventasse un cavaliere. Inoltre, in virtù del vincolo di sangue col figlio e del rapporto di vassallaggio col proprio re o signore, trasmetteva al primo non solo il titolo, ma anche il vincolo unilaterale di vassallaggio col signore stesso. Inizialmente il vincolo di vassallaggio si formava per giuramento unilaterale di un uomo al proprio signore, giuramento fatto spesso su sacre reliquie o testi sacri e si trattava di una cerimonia breve e a valenza sia simbolica sia pratica; successivamente quando prese piede il fenomeno dell’ereditarietà, anche il giuramento diveniva automaticamente valido alla morte del padre per il figlio nei confronti del signore o di suo figlio. La cerimonia con la spada è rara, appartiene più al mondo fantastico e letterario che alla realtà storica, è nei romanzi che il cavaliere si sottomette ad una donna mentre nella realtà al posto della bella dama c’era un lord o un potente signore che tutto aveva fuorché bell’aspetto e grazia. La scena del dipinto potrebbe essere dunque ispirata a quel periodo, il XII secolo, in cui la donna divenne per il cavaliere il sole di giorno e la luna di notte, ma ripeto, sempre in termini teorici. E chi sarà la donna ritratta da Leighton? Eleonora d’Aquitania forse? Perché no, fu patrona delle arti e delle lettere sia come regina di Francia sia come consorte di Enrico II, Eleonora ispirò gli scrittori ed i poeti dei suoi sostenitori ma anche quelli dei suoi avversari, comunque la si guardasse, ella era il centro del suo piccolo mondo.

 

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I costumi dei personaggi

 

Nella cerimonia rappresentata si vedono in primo piano la dama che si accinge ad investire il cavaliere, servendosi di una spada ad una mano. La dama indossa un bliaut del XII secolo, un abito aderente che metteva in risalto soprattutto le forme dei fianchi e la vita bassa; le maniche sono svasate e chiuse ad altezza dell’avambraccio da una spessa striscia dorata che crea un leggero sbuffo della parte alta della manica.

 

 

Lo scollo è molto ampio e lascia intravedere la sottoveste candida, bianca, la cui manica viene scoperta a livello del braccio da quella svasata del bliaut. L’abito della dama è un abito tutto sommato di fattura semplice con magnifiche decorazioni agli orli della gonna e della maniche, ricami dorati a motivi ripetuti. Anche la scollatura davanti dell’abito è decorata al bordo con passamaneria dorata. In vita non è portata la cintura intrecciata sulla schiena, ma una semplice cintura che si allacciava sul davanti, realizzata in placche metalliche tutte unite tra loro che scendevano poi con un cordone dal punto vita verso il basso.

 

 

 

Il cavaliere davanti a lei invece indossa una cotta di maglia [6] con camaglio cucito ad un tessuto di pelle e anche le gambe sono protette da una specie di braca costruita con maglia in ferro.

 

 

    

                                  

 

Figura 1 - La protezione in termini di armatura dei cavalieri medievali fino al XII secolo, a partire da questo periodo comparirono le prime forme di protezione imbottite per capo e corpo.

 

Sopra il tutto egli indossa una tunica senza maniche che reca sia sul davanti (probabilmente) sia sul di dietro la sua insegna, un’aquila con una specie di quarto di luna con la gobba rivolta verso il basso. L’orlo del gonnellino della tunica è decorato con motivi geometrici ripetuti. In vita egli porta una magnifica cintura, finemente elaborata. I capelli del cavaliere sono portati lunghi con taglio a casco secondo la moda dell’epoca e nell’ombra creata dai colori, possiamo vedere che è un giovane di non più di trent’anni, privo di rughe e certamente molto bello; il viso sbarbato; il viso è liscio e sbarbato e infine, se osservate attentamente lo noterete anche voi, ha ciglia molto lunghe. Del suo viso altro non possiamo vedere, ma scendiamo sulle mani giunte in segno quasi di preghiera, ha mani belle e lisce, prive di ferite e cicatrici lasciate nella realtà storica da una carriera militare e le unghie non sono mangiucchiate o rovinate. Egli è certamente il modello per eccellenza del cavaliere come lo volevano le dame che leggevano i romanzi e dunque come se lo immaginavano…un sogno ad occhi aperti, perché nella realtà storica i cavalieri erano tutto fuorché belli e curati nell’aspetto e soprattutto fini, anche se non estranei al mondo letterario, quelli almeno di nobili natali.

 

Sullo sfondo vediamo un gruppo di uomini, uno anziano, praticamente in ombra del quale vediamo poco distintamente la tunica, rossa con tre animali. Sono forse i tre leoni Plantageneti? I leoni o leopardi, a seconda del testo di riferimento non sono sempre stati tre nello stemma reale inglese, il numero tre fu raggiunto solo alla fine del XII con il regno di Riccardo I, Cuor di Leone. Allora potrebbe essere una Eleonora, magari ringiovanita in segno di omaggio da parte del pittore, che investe l’amato figlio Riccardo? Le cronache hanno sempre riportato che Eleonora aveva per questo figlio una predilezione che le costò l’odio del figlio minore Giovanni, che arriverà a cospirare contro il fratello per usurparne il trono. Eleonora inoltre era descritta come una donna bella che amava cose belle, le cose alla moda e i suoi costumi che all’austera corte parigina avevano incontrato disapprovazione e sgomento, furono un poco più apprezzati alla corte di Enrico II del quale era la moglie e ad una bella donna, ad Eleonora, i contemporanei non potevano perdonare nulla, alcun errore. Essa aveva tuttavia anche tanti ammiratori e ne ebbe anche dopo la sua morte, dunque Leighton potrebbe averle voluto rendere omaggio, ringiovanendo l’ormai regina madre che aveva quasi settant’anni [7] quando il figlio fu incoronato (1189, a 32 anni) e ne aveva dieci anni in più quando Riccardo morì (nel 1199). Non sarebbe tanto strano se fosse proprio la bellissima Eleonora la donna ritratta da Leighton, anche se giovane, ella era pur sempre il simbolo della donna a cui il cavaliere doveva tutto [8] e Riccardo soprattutto le doveva tutto, a cominciare dalla disperata battaglia per l’Aquitania che Eleonora combatté per lui [9].

 

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Fonti

 

  • Eleonora d'Aquitania. La regina dei trovatori, di Jean Markale. Rusconi Editore, 1980, p. 305.
  • Graal di Richard Barber, Piemme ed., 2004 – 542 pp.
  • La società feudale, di Marc Bloch, IV ed. a cura di, Torino: Einaudi ed., 1962, p. 669.
  • Norman night 950 – 1204 AD di Christopher Gravett. Osprey ed., 1993 – 64 pp.

 

Note

[1] Non c’era dunque una leva simile a quella moderna, dove il combattente riceve una formazione. La leva volontaria era poi molto apprezzata ma per potersi armare i costi erano esorbitanti e dunque conveniva sottomettersi a qualcuno, giurandogli fedeltà, per poter servire nel suo esercito.

[2] I difetti del sistema di reclutamento dei Merovingi pesò notevolmente sul campo di battaglia ed era tanto più evidente quando la preponderanza passò dal fante al cavaliere fornito di un’importante armamento offensivo e difensivo.

[3] Un cavallo costava sei volte un bove ed era il medesimo prezzo per una broigne, una specie di armatura composta da anelli metallici uniti e cuciti ad un supporto in pelle o cuoio. Non era proprio una cotta di maglia, come la intendiamo noi. Si trattava in sostanza di due tessuti: uno metallico esterno composto da anelli uniti tra loro o piastre, cuciti al contempo al tessuto sottostante che era di pelle o più probabilmente cuoio. Si trattava di un lavoro lungo e meticoloso e dunque molto costoso. Ne esistono traccia fin dal tempo dei Merovingi. Il prezzo di un elmo, invece, era la metà di quello di un cavallo. Nell’VIII secolo un piccolo proprietario dell’Alemannia dovette cedere i campi paterni ed uno schiavo per cavallo e spada.

[4] In un mondo e un’epoca in cui la vita media raramente superava i quarant’anni, presso i Carolingi l’età per l’arruolamento a cavaliere, cioè a soldato che combatte a cavallo si aggirava attorno ai quattordici anni.

[5] Staffa e ferro di cavallo erano ignorati dai popoli mediterranei ed europei prima del IX secolo quando furono importati grazie all’interazione con l’Oriente. La staffa fu probabilmente inventata dai Sarmati (un popolo iranico, in origine abitavano le steppe lungo il Volga, poi in diversi periodi e a diverse ondate essi si spinsero verso occidente). Il ferro di cavallo invece permetteva maggiore stabilità, specie durante la carica, anche nei terreni più instabili.

[6] Sotto la cotta di maglia e sotto la parte di armatura fatta con anelli era solitamente indossata i primi tempi la normale camicia con brache di tessuto normale (lino o lana), solo successivamente si provvide a creare uno strato intermedio tra indumento intimo e armatura, realizzato con imbottitura che serviva soprattutto ad attutire i colpi. Le prime forme di imbottitura di protezione risalgono alla fine del XII secolo e agli inizi del XIII. Anche la testa veniva protetta con una cuffia imbottita sopra la quale veniva indossato il semplice camaglio, non più attaccato come i primi tempi ad un lembo di pelle, ma costituito dei semplici anelli metallici.

[7] Eleonora d’Aquitania ebbe in tutto undici figli (due figlie dal primo marito, Luigi VII avute che aveva superato la ventina di anni; e altri nove dal secondo marito, Enrico II e il primo figlio da lui lo ebbe superata la trentina).

[8] Non è da confondere la donna dei romanzi di Chretien per la quale ogni cavaliere perde praticamente il senno con quella lontana ed eterea, irraggiungibile del dolce stil novo nato nel XIII secolo. Pur essendo al centro la donna era vista sotto due aspetti diversi: quello di Chretien e dei trovatori era un aspetto anche erotico, mentre quello dei poeti del dolce stil novo era un aspetto soprattutto spirituale.

[9] Ci fu una lotta lunga e dolorosa in cui Eleonora si batté soprattutto psicologicamente contro il marito Enrico II che voleva l’Aquitania come feudo per Giovanni, mentre Eleonora che si riteneva a tutti gli effetti signora di Aquitania la voleva per il figlio prediletto Riccardo.

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